giovedì 13 febbraio 2020

CAREGIVER FAMILIARI: LIMONI SPREMUTI FINO ALL'ULTIMA GOCCIA

Una delle prime cose che s'impara quando si vive con una persona non autosufficiente è quella di stargli vicino di notte perché, a volte, basta stringere una mano per tranquillizzare.
La non autosufficienza non ha un orario d'ufficio e alcune condizioni di non autosufficienza le persone hanno necessità di un maggiore intervento assistenziale soprattutto notturno, perché la notte si acuiscono le condizioni di disagio fisico e psicologico... 
La notte...con i suoi silenzi, con il grigio e il nero che ti circonda, con gli improvvisi allarmi dei macchinari che monitorano le funzioni vitali, con il dolore, le crisi, gli incubi, le ansie, la paura, le ossessioni...la notte è come un vortice che mulinella  inghiottendo tutto e tu - madre, moglie, figlia, sorella - sei l'unico appiglio, l'unico punto fermo, l'unica mano a cui aggrapparsi per non essere inghiottiti.  
Quindi “essere vicino” a portata di mano è la prima "tecnica" che s'impara per garantire una vigilanza notturna. 
La modalità di sonno del famigliare caregiver diventa, per anni ed anni a...intermittenza. 
C'è una prima fase di occhi chiusi e udito al massimo, una fase brevissima di sogno (in cui si sogna il proprio famigliare spesso in pericolo o che ti sta chiamando), seguita da un brusco risveglio accompagnato da ansia e necessità di accertarsi che quello stacco involontario della coscienza non abbia provocato dei danni. 
Questo succede quando la persona non autosufficiente dorme. 
Non sono per nulla rare, però, le nottate che si è costretti a passare totalmente svegli. 
A quel punto il sonno diventa un nemico da sconfiggere...
Ci sono molte "tecniche" che aiutano a lottare contro questo nemico, come quella di bere tanto e NON andare in bagno, il disagio della vescica piena t'impedisce di scivolare nell'oblio. 
Oppure muovere instancabilmente la mandibola (bruxismo, nevragia del trigemino, disturbi alimentari sono tra le patologie più diffuse dei caregiver familiari). 
Adottare posizioni scomode come stare seduti a cavalcioni su una sedia per alleviare un po' il continuo mal di schiena ma non troppo, perché il dolore tiene svegli.
E poi tanti caffè, sigarette, bruscolini...
Il mio personale "record" sono 62 ore continuate così...
Sessantadue ore, non “giorni”...perché la parola "giorno" evoca la continuità tra mattina, sera e notte ma quando non si dorme si diventa inconsapevoli proprio del susseguirsi della luce e il sole... ti ferisce gli occhi.
La privazione del sonno è un metodo di tortura  tra i più diffusi, perché il primo effetto che produce è quello di alterare la percezione deprivando la persona della sua volontà. 
I ricordi si confondono, i significati delle parole vengono declinati in negativo e perfino il respiro subisce delle alterazioni al punto che la voce diventa più stridula e acuta.
Appare evidente come una persona deprivata del sonno diventa un pericolo per se stessa e gli altri.
Ebbene, per lo Stato Italiano questa CONDIZIONE può essere valutata come una "prestazione lavorativa" volontaria o a basso compenso da sfruttare al punto di negare TOTALMENTE la possibilità di erogare assistenza notturna.
Una legge sui Caregiver Familiari dovrebbe, per prima cosa, stanziare dei fondi appositi per GARANTIRE una sicura e dignitosa assistenza notturna alle persone non autosufficienti.

Ricordo che qualche anno fa ero in Ospedale a parlare con un medico con la quale periodicamente mi confrontavo sulle condizioni di mio figlio, in modo da evitargli un traumatico trasporto che lo avrebbe debilitato ulteriormente. 
Quando, a fine colloquio, mi alzai con fatica dalla sedia questo medico mi disse 
“Ma lei signora quando si decide a fare qualcosa? Sa che se va avanti così si uccide?”
Così...diretto senza giri di parole.
L'effetto fu quello di una doccia fredda, rimasi senza fiato e mi accasciai nuovamente sulla sedia.
Dopo un po' balbettai che ero in lista da tempo per un'operazione che continuavo a rimandare e rimandare e rimandare...
Perché...come facevo con mio figlio? A chi avrei potuto lasciarlo? Come sarebbe stato senza me? E poi...come avrei fatto dopo, durante la convalescenza in cui io stessa avrei avuto bisogno di essere accudita....non potevo...
“Signora, se va avanti così muore”.
Fu allora che tutto è diventato chiaro, terribilmente e crudelmente chiaro.
La mia condizione di caregiver familiare mi aveva fatto perdere la salute.
PERDERE LA SALUTE.
Una non si rende conto di cos'è la salute fino a quando non l'ha persa.
Solo allora comprendi che la Salute è il patrimonio più importante che hai
Più importante di qualsiasi bene, più importante del lavoro,  più importante della casa, più importante della famiglia, più importante dei figli...già, perché accanto a un figlio ci puoi restare solo se non muori. 
Se muori il figlio resta solo.
E' semplice come può esserlo solo la verità.
Il caregiver comincia a perdere la salute sin dal suo primo incontro con la disabilità del famigliare. 
Perché è inutile girarci intorno: la disabilità di chi si ama è un trauma devastante come la guerra, come il terremoto. 
E da un trauma non si esce indenni, spazzolandosi le spalle dalla polvere come fanno i super eroi. 
Ci piacerebbe, ce lo raccontiamo perfino auto convincendoci che siamo “tosti”, siamo “gente in gamba”, ce lo diciamo allo specchio ogni mattina: “e chi ci uccide a noi?”
E andiamo avanti così, passando di trauma in trauma, senza renderci conto che c'è qualcosa che ci sta già uccidendo: la progressiva perdita della salute.
La diamo per scontata la Salute...esattamente come fanno le Istituzioni con noi: ci danno per scontati.
Non siamo più persone ma limoni da spremere fino a che abbiamo del succo.
Però a un certo punto il succo finisce e non ritorna più.
Non ritorna più.

La disabilità non bussa alla porta, la butta giù. 
Spesso l'urto è talmente violento che butta giù anche gran parte del muro portante.
Questi danni strutturali profondi creano una condizione unica che non può essere ignorata o non essere “messa in sicurezza” dalle istituzioni preposte.
Sento spesso affrontare la “questione” dei caregiver familiari paragonando il loro ruolo a quello dei professionisti che lavorano in ambiti di cura delle persone con disabilità.
E' vero: visti da lontano sono contesti molto “simili”, soprattutto se il professionista svolge il suo lavoro con una buona dose di empatia oltre la competenza.
Ma i due ruoli non sono in alcun modo coincidenti proprio per la diversa CONDIZIONE SANITARIA.
Il famigliare caregiver ha una fragilità sanitaria a prescindere dal contesto più o meno favorevole in cui opera per una ragione semplicissima: non stacca MAI.
Perfino quando dorme è immerso in una condizione a elevato stress psico-fisico.
La parola inglese “STRESS” indica una forte pressione deformante su qualcosa. 
Non sempre questa pressione è totalmente negativa, a volte “strizzare” qualcosa può essere anche un'esperienza positiva: la stretta prolungata di un abbraccio, una decisa stretta di mano, un pizzicotto sulla guancia paffuta di un bimbo. 
Queste “strizzate” mettono addirittura allegria e sapete perché? 
Perché durano un tempo limitato.
Perché c'è un inizio e una fine. 
Si può anche ricominciare, e lo si può fare all'infinito: ma tra l'una e l'altra strizzata c'è un intervallo.
C'è un ormone nel nostro corpo che si attiva proprio quando c'è la “strizzata”, si chiama "cortilosolo". 
Ed è proprio misurando periodicamente la sua concentrazione che si può rilevare una condizione di stress a elevato rischio per la salute.
In alcune professioni molto al limite il cortisolo resta concentrato a lungo anche dopo l'”orario di lavoro”. 
Infatti la legislazione di ogni Nazione Civile prevede dei periodici controlli sanitari per evitare che il cortisolo avveleni il sangue provocando la morte dell'individuo. 
Si perché...non ve l'ho detto? 
Il cortisolo a elevata concentrazione provoca patologie mortali.
Ecco...quando la disabilità sfascia la porta di casa lesionando il muro portante inonda l'ambiente di cortisolo che si appiccica addosso a tutta la famiglia come una seconda pelle.
Ecco perché il professionista che lavora con la disabilità non può esser IN ALCUN MODO paragonato al caregiver familiare: perché lui indossa il camice a inizio turno e se lo toglie a fine turno.
Il familiare caregiver invece non si può strappare via la pelle di dosso: è uno STATUS DI FRAGILITA' SANITARIA PERENNE.


TABELLA RIASSUNTIVA DELLE PATOLOGIE CORRELATE ALLA CONDIZIONE DI CAREGIVER FAMILIARE

DEPRIVAZIONE DEL SONNO:
demenza precoce
disturbi psichiatrici
aumento di tendenze suicide
obesità e diabete
infarto
infertilità
malformazioni fetali

SFORZI MOVIMENTAZIONE DA CARICHI
Dolori cronici
ernie e artrosi della colonna
deformazioni e degenerazioni muscolo scheletriche degli arti

CONTINUE CONDIZIONI DI EMERGENZA E STRESS
Post.Traumatic Stress Disorder
disturbi dell'umore
ABA – disturbi alimentari
Neoplasie
Disturbi cardiovascolari
Ipertensione
Ictus
disturbi gastrici
immunodeficenza

ANNULLAMENTO DELLA PERCEZIONE DEI PROPRI BISOGNI
patologie non curate
influenza
polmoniti
infezioni cerebrali
stili di vita insalubre



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