Dunque
può succedere, ad un certo punto, che un familiare si ritrova a ricoprire
contemporaneamente una serie di ruoli appresi spesso unicamente dalla propria
esperienza diretta.
Ed
il più delle volte sono ruoli che richiedono una notevole competenza e
destrezza.
Da
quelli più “meccanici” come la somministrazione di farmaci, nutrizione ed
idratazione artificiali, a quelli
maggiormente complessi come l’aspirazione nasotracheale, la ventilazione
manuale, i cateterismi ecc.
Insomma
tutto ciò che riguarda generalmente il mansionario infermieristico, senza
snobbare anche compiti puramente medici come quelli di primo soccorso durante
crisi epilettiche, respiratorie, emorragiche ed altro.
Ma
è riduttivo ritenere che il ruolo ricoperto sia unicamente sanitario: sin
dall’inizio la maggioranza dei familiari impara ad attivare con la persona di cui hanno cura competenze
elettivamente riabilitative, sia fisioterapiche che cognitivo comportamentali.
Funzioni indispensabili non soltanto per la sopravvivenza del loro congiunto
ma, soprattutto per la sua qualità di vita.
Non
è finita qua.
Ad
un supereroe che si rispetti non possono mancare degli aspetti apparentemente
meno importanti ma preminenti nel contesto di sopravvivenza di una persona con
disabilità molto grave: il rapporto con le istituzioni.
Per
averne una piccola idea basta leggere l’ottimo dossier sulle incombenze burocratiche effettuato da Carlo Giacobini che nella sua asetticità sorvola sulle
indubbie capacità relazionali richieste per riuscire ad affrontare burocrati
annoiati, spocchiosi ed inutilmente vessanti.
Tutto
questo riguarda solo una parte del compito richiesto al family caregiver:
spesso questo silenzioso supereroe dovrà anche assumersi un funzionale ruolo lavorativo per supportare
le gravose esigenze economiche fronteggiate in ogni condizione di disabiltà,
senza tralasciare il ruolo che da famigliare ricopre con il resto della famiglia,
dove frequentemente sono presenti altre
impellenti fragilità ( bambini, adolescenti ed anziani…)
All’estero,
il ruolo di “cura invisibile” dei familiari è molto studiato, riconosciuto e
supportato.
Diverse
sono le ricerche in merito alla condizione di queste persone.
La
più famosa è quella della Dr.Elizabeth Blackburn, illustre professore di
biochimica presso l'Università di San Francisco, che ha condotto un importante
analisi sullo studio dello stress, invecchiamento e alterazioni biochimiche a
livello cellulare che le ha fatto meritare il Nobel nel 2009.
Nei
numerosi studi scientifici in merito, l’ultimo rileva l’alta incidenza del
rischio d’infarto dei family caregiver, viene evidenziato come il contesto di
preminente cura di un familiare con grave disabilità predispone a condizioni di
stress cronico che:
- Incidono nel sistema immunitario del caregiver per fino a tre anni dopo la fine della stessa esperienza di cura;
- Tra il 40 e il 70 per cento delle assistenti familiari hanno sintomi clinicamente significativi di depressione (BURDEN) con circa un quarto dei quali è diagnosticabile come depressione maggiore;
- E’ stato dimostrato che l'aspettativa di vita del family caregiver è inferiore dai 9 ai 17 anni in meno della media;
- Il settanta per cento dei family caregiver trascurano la loro salute fino a riportare essi stessi condizioni invalidanti;
- In media il family caregiver fornisce dalle 40 alle 84 ore in media di assistenza alla settimana, l'equivalente di più di due lavori a tempo pieno. Con la conseguente perdita o riduzione di una propria attività lavorativa retribuita.
ritengo che la ricerca svolta dal premio Nobel dr.elisabeth blackburn sia come volgere l'attenzione verso un mondo che si vuole ignorare, ma esiste davvero ve lo posso assicurare, essendo coinvolta personalmente posso affermare che sto invecchiando precocemente e la mia salute ne risente al massimo, dovendo assistere una figlia disabile da sola senza nessun aiuto valido ad allegerirmi un po' la vita, se così la vogliamo chiamare.
RispondiEliminaper chi vive queste realtà la vita è un inferno ogni giorno, ogni ora e spesso si ha la voglia di finirla...
Ma una nazione che dichiara democrazia e civiltà non può ignorare i diritti umani del suo popolo.
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